A ulteriore supporto del fatto che non vi sono differenze divaricanti e chiare fra etnie e popolazioni, in tutti i registri dei donatori di midollo non sono registrate distinzioni etniche. Certamente è più facile trovare un midollo compatibile fra il proprio gruppo etnico, ma ciò non è garantito: è tanto il rimescolamento genetico avvenuto negli ultimi 100 anni che frequentemente molti pazienti italiani che necessitano di un trapianto di midollo si debbono rivolgere ai registri internazionali (europeo o americano) per trovarne uno compatibile. Un altro aspetto che rende la base sulle quali si regge il Razzismo Scientifico assolutamente fragile è il fatto che il genoma umano non spiega tutto, tutti i caratteri. Infatti l’homo sapiens (nero, bianco o giallo che sia) ha solo 22.287 geni, meno di un topo (25.307) e molto meno della pianta della soya (46.430). Ed ecco che è nata l’epigenetica, la scienza che studia come gli organismi, le cellule interpretino il codice genetico, il DNA: si può immaginare il DNA come l’hardware di un computer, l’epigenetica come il software, e sappiamo che sull’hardware di un computer si possono far girare tanti software. E qui entrano in gioco l’ambiente e le innumerevoli influenze che l’ambiente può esercitare sui caratteri e sul fenotipo, cioè su come appariamo.
Ritengo interessante trattare un argomento che negli ultimi decenni ha causato polemiche virali, quello del rapporto fra ‘razza’ e intelligenza. Studi hanno dimostrato che, negli Stati Uniti, c’è una differenza di ‘Quoziente di Intelligenza’ (QI) fra bianchi e afroamericani. Questa differenza però appare scarsamente ‘significativa’ dal punto di vista statistico perché è evidente una ampia variabilità nei campioni ma, fatto più importante le classi sociali analizzate non appaiono omogenee e risulta evidente un grave bias di campionamento. Gli estensori di queste ricerche hanno spesso fatto un salto interpretativo arguendo che questa differenza è di tipo genetico senza mai indicare o cercare quali siano questi geni, perché l’intelligenza è una combinazione di capacità, abilità e esperienze cognitive, quindi una facoltà terribilmente complessa che probabilmente dipende da un numero enorme di geni. Il mescolamento genetico e le moltissime sfaccettature che caratterizzano il carattere ‘intelligenza’ fanno ritenere che chiare correlazioni fra l’assetto genetico e specifiche categorie etniche siano molto improbabili, se non impossibili. In più l’aumento enorme in termini di capacità cognitive registrato negli ultimi millenni fa ritenere che l’intelligenza non sia controllata da pochi geni. Altro fattore rilevante concerne il fatto che l’intelligenza, o meglio l’espressione dell’intelligenza, è correlata allo status socioeconomico, correlazione che esclude influenze genetiche ma dà forza a quelle epigenetiche che, tra l’altro, hanno penalizzato gli afro-americani per centinaia di anni. Da ultimo è da considerare il così detto ‘effetto Flynn’ (dal nome di un economista neo-zelandese, ricercatore di filosofia politica) che consiste nel fatto che il QI è lentamente aumentato nel tempo, indipendentemente dalla etnia, fatto difficile da conciliare con lo status genetico.
E così sono cambiate le popolazioni a seconda delle moltissime influenze che hanno subito da parte del clima, del nutrimento, dell’altitudine, della vicinanza o lontananza dal mare, dalle guerre, dalle carestie, delle epidemie, della formazione, dello sviluppo culturale e così via. E siamo rimasti neri oppure siamo diventati bianchi o rossi o gialli o meticci, il tutto in circa 9000 anni, un battito di ciglia nell’evoluzione.
Un ultimo aspetto: la rivoluzione digitale in poco più di vent’anni ha cambiato la percezione del concetto di razza. La rivoluzione digitale ha creato, come dice Alessandro Baricco, un ‘altromondo’ un mondo nel quale navighiamo quotidianamente e nel quale incontriamo tanti ‘altrimondi individuali’ fluidi, dei quali non sappiamo niente o sappiamo poco. Con questi altri mondi colloquiamo, e la gran parte delle volte non sappiamo se sono mondi ‘gialli’ o ‘neri’. Una spia ce può fornire il nome, ma sempre meno perché certi nomi sono internazionali, non c’è più un ‘terzo mondo’ ma altrimondi. E colloquiamo sulla base delle nostre e delle loro esperienze e conoscenze per ampliarle e confrontarle. Saremmo prevenuti, ci rifiuteremmo di argomentare, di parlare se sapessimo che dall’altra parte alla tastiera o di fronte allo schermo ci sono delle dita o una faccia coperte da pelle nera o gialla?
E qui giungiamo alla conclusione, come se non bastassero le argomentazioni che abbiamo proposto prima: il razzismo è espressione di non conoscenza, di rifiuto aprioristico a comprendere, ad aprire la propria mente. Certo ci sono delle differenze, ma si tratta di differenze che, spesso, sono pesantemente marcate da diverse opportunità, da differenti esperienze storiche o di vita, ma la base è uguale, le potenzialità sono uguali, quale che sia la nostra apparenza. Il tempo e l’epigenetica spiegano le differenze, tutto qui.
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Direttore Sanitario : Prof.Dott. Ferdinando Da Rin De Lorenzo
Nata a Roma 30/04/1970
1997 Laurea in Medicina e Chirurgia con Lode Università Sapienza di Roma
2003 Specializzazione in Anestesia e rianimazione Università Sapienza di Roma
2004 Dirigente Medico Ospedale Sant’Andrea Roma
2004 – 2013 Dirigente Medico Policlinico Umberto I Roma
2013 – 2020 Clinica Mater Dei Roma Servizio di anestesia, terapia intensiva e emodinamica
2020 Dirigente medico Ospedale Sant’Andrea Roma
2017 MASTER UNIVERSITARIO DI SECONDO LIVELLO in TERAPIA DEL DOLORE CRONICO: TECNICHE INVASIVE, MINI-INVASIVE E TERAPIA FARMACOLOGICA